Pochi luoghi possono vantare un passato carico di storia e cultura come Venosa, cittadina situata nel nord della Basilicata ai confini con la Puglia. Da quando nel 291 a.C. i Romani, dopo aver scacciato i Sanniti, fondarono la colonia latina di Venusia, in onore della dea dell’amore Venus, hanno lasciato le loro tracce in questo luogo molteplici popoli e civiltà (Longobardi, Saraceni, Normanni, Svevi, Aragonesi), nonché personalità artistiche di rilievo nel campo della poesia, della musica e della pittura. La memoria di questa lunga vicenda storica dimora soprattutto nei monumenti di Venosa: gran parte delle testimonianze del suo passato sono conservate nel tessuto urbano, straordinario esempio di continuità storica tra età romana, medioevo ed età moderna. Quasi per intero il centro storico è fatto di materiali recuperati dalle architetture civili e religiose romane e questo gioco di rimandi e intrecci, innesti e sovrapposizioni, crea il fascino della città. Chi ha la fortuna di visitare Venosa può percepire, incamminandosi per strade e vicoli, la muta presenza del tempo, sedimentato in tantissime emergenze architettoniche, dalle chiese ai palazzi nobiliari alle tante fontane sparse per il centro.
Le tracce più significative della colonia latina sono individuabili nell’attuale parco archeologico, che conserva reperti compresi tra il periodo della Roma repubblicana e l’età medievale. Nella stessa area attrazione di grande valore è senza dubbio il complesso della S.S. Trinità, sorto su di un insediamento paleocristiano del V-VI secolo d. C., a sua volta edificato sulle rovine di un tempio pagano. Nel 1135 i Normanni decisero di realizzare un consistente ampliamento dell’abbazia, attraverso un intervento estremamente ambizioso, che però non fu mai portato a termine. A farci immaginare l’imponente progetto restano i muri perimetrali e parte del colonnato, eretti utilizzando materiali sottratti all’anfiteatro romano, che costituiscono quella che è nota a tutti come l’Incompiuta. Nella parte opposta del centro storico, invece, spicca maestoso il Castello Aragonese con le sue quattro torri cilindriche, costruito nel 1470 per ordine del duca Pirro del Balzo e trasformato nel Seicento in dimora signorile.
La città, non bisogna dimenticare, ha dato i natali a due grandi poeti: il celeberrimo Quinto Orazio Flacco, maestro di eleganza stilistica e placido epicureo amante dei piaceri della vita, e Luigi Tansillo, uno dei più eminenti poeti del petrarchismo meridionale, da alcuni ritenuto il creatore del dramma pastorale. Altri venosini illustri sono il sommo madrigalista Carlo Gesualdo, musicista geniale e compositore eccentrico, da molti considerato un autentico precursore della musica moderna, e i pittori Giacomo Di Chirico e Andrea Petroni.
Tutto quanto ha dato lustro a Venosa nei secoli dovrebbe farne al giorno d’oggi una città fondata sul turismo e sulla cultura. In realtà questa rimane soltanto una speranza. Infatti i visitatori che ogni anno visitano la cittadina oraziana sono in numero nettamente inferiore rispetto alle sue reali potenzialità. Negli ultimi decenni poche o nulle sono state le azioni politiche sia locali sia regionali volte a favorire l’accrescimento degli afflussi turistici. Apatia che ha coinvolto gli stessi cittadini di Venosa, poco inclini a promuovere di propria iniziativa delle attività di valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale che possano accrescere l’attrattività turistica e di conseguenza favorire lo sviluppo economico e culturale. Davvero un peccato per una città che potrebbe rappresentare una interessante meta turistica per un ampio pubblico culturalmente attento e curioso.
Pubblicato su: Rivista20, n. 6 – novembre/dicembre 2013, pag. 55
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