Il paese di Ginestra appare come un grappolo di case adagiato su un colle posto di fronte all’imponente, placida figura del monte Vulture, nel lembo nord-orientale della Basilicata. Le sue origini storiche risalgono all’Alto Medioevo, quando possedeva le fattezze di un casale rurale, sorto ad opera dei Longobardi, probabilmente su un precedente insediamento romano. Il suo nome a quel tempo era Lombarda Massa. Distrutto dai Normanni, il casale fu ripopolato nel 1478 da un gruppo di profughi albanesi guidati da Francesco Jura, fuggiti dalla terra natia a seguito dell’invasione dei Turchi.
Gli esuli albanesi praticavano la religione cristiana di rito greco-ortodosso. Tale liturgia venne conservata fino al 1627, quando il vescovo di Melfi, monsignor Diodato Scaglia, impose il rito latino, mettendo in atto le direttive del Concilio di Trento destinate a quelle diocesi che includevano gruppi di fedeli di confessioni diverse da quella cattolica. La chiesa del paese, eretta presumibilmente nel XVI secolo sulle fondamenta di un’antica struttura basiliana, venne in quell’occasione dedicata a San Nicola Vescovo, santo venerato sia nel rito latino sia in quello ortodosso.
Per secoli la comunità albanofona di Ginestra, una delle cinque presenti in Basilicata, ha preservato dallo scorrere del tempo la lingua e gli antichi costumi arbëreshë. Oggi, tuttavia, essi sono quasi completamente scomparsi, restando patrimonio esclusivo di pochi anziani. Per mantenere più vivi i legami della popolazione con le proprie origini, nel 2007, su iniziativa dell’allora parroco don Gilberto Cignarale, la chiesa madre di San Nicola Vescovo è stata adornata con un grande mosaico, ispirato alla tradizione artistica bizantina. Collocato alle spalle dell’altare maggiore, raffigura l’immagine classica del Cristo Pantocratore (in greco “sovrano di tutte le cose”), seduto su un trono in atteggiamento maestoso e severo, mentre impartisce la benedizione con le tre dita della mano destra, secondo l’uso ortodosso, e con la sinistra regge un libro.
Come nelle più grandi e importanti chiese ortodosse paleocristiane e medievali, a predominare nel mosaico è l’oro splendente delle tessere che compongono lo sfondo, diffondendo la loro luce in tutta la chiesa. Alla destra del Cristo Pantocratore è rappresentata la Madonna Odigitria (in greco “colei che indica la via”) di Costantinopoli, protettrice di Ginestra, mentre alla sinistra è posto San Nicola Vescovo, patrono del paese. L’opera musiva è stata realizzata dal maestro Josif Droboniku, iconografo e mosaicista albanese che da decenni vive e ha il suo laboratorio a Lungro, centro di origine arbëreshë in Calabria. Allo stesso artista, per arricchire la decorazione delle pareti, in precedenza piuttosto spoglie, sono state commissionate anche due icone, raffiguranti una il battesimo di Cristo e l’altra l’annuncio del regno di Dio.
Ai lati del maestoso mosaico sono state realizzate due vetrate, nelle quali sono effigiati gli arcangeli Gabriele e Michele. Inoltre, durante i lavori di restauro della chiesa, caratterizzata da un’unica navata con volta a botte, è stata rimossa l’intonacatura dalle pareti e riportata alla luce l’originaria muratura in pietra a vista, rendendo l’ambiente particolarmente suggestivo e al contempo evocativo di un passato che non andrebbe dimenticato.
Pubblicato su: Pagine Lucane, anno II – num. 4, novembre 2018, pagg. 32-33
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