La feconda produzione artistica del pur giovane pittore siciliano Riccardo Badalà (Catania, 1976) si contraddistingue per l’audace spirito creativo, che non teme di turbare lo spettatore con immagini forti e a volte spiazzanti, ma dall’indubbia capacità comunicativa.

Quella di Badalà può essere definita una pittura psicologica, quasi filosofica, poiché vi si leggono impliciti rimandi alla follia, al pessimismo nichilista, alla solitudine esistenziale dell’uomo. Inquietudine e malinconia, angoscia e rassegnazione, sono soprattutto sentimenti di polarità negativa a risaltare dalle sue opere. Ciò, tuttavia, non deve automaticamente indurre a riconoscere ogni volta le tracce di un autobiografismo. I suoi dipinti possono essere interpretati anche come squarci sulla realtà, finestre dalle quali si affacciano anime in balia di se stesse, figure spettrali che svelano senza riserbo il proprio inconscio dolore. Emerge, dunque, l’ambizione dell’autore a indagare l’uomo, soprattutto nei suoi aspetti interiori – così come vengono determinati dai diversi contesti reali –, che è a sua volta conseguenza dell’interesse, coltivato durante gli anni universitari, per campi di studio quali la psicologia, la pedagogia e la sociologia.

I personaggi di Badalà ci colpiscono per la loro solitudine e per il loro distacco. A volte appaiono come dei figuranti, individui di passaggio, sfuggenti e ineffabili, corpi che si specchiano in se stessi e si nutrono di un’attesa che viene puntualmente disattesa. Altre volte sono assoluti protagonisti del proprio spazio, consapevoli interpreti di se stessi, che si impongono con lo sguardo e ci scrutano dal centro della propria scena.

Se a dominare l’universo estetico di Badalà sono il silenzio e la staticità, accompagnati da tonalità cromatiche cupe e spente, il dinamismo e l’espressività sono invece dati dalla materia pittorica contorta e raschiata, che in densi impasti di colore si trascina sul supporto (tela o tavola) plasmando l’immagine voluta, ma allo stesso tempo deformando i volti e i corpi ritratti, grazie a una tecnica che eredita la lezione di Ennio Morlotti e Frank Auerbach. La forma si dissolve nel colore, la realtà si trasfigura e acquista intensità, lasciando però sempre al centro l’essere umano, colto attraverso una sinestetica percezione della sua fisicità.

Tutti i principali concetti che sottendono la ricerca artistica di Badalà sono presenti nell’importante serie Involuzione/Evoluzione, popolata di figure rarefatte, dalla struttura corporea dissolta. La serie Riflessioni propone il tema dell’acqua come simbolo di purificazione, elemento in cui immergersi e disparire assieme alla propria coscienza. Nella serie Interpreti dispari sono invece raccolti 56 ritratti, ispirati da fotografie scattate durante incontri causali, in cui i tratti somatici dei soggetti sono sfigurati dall’atto gestuale. Più autoreferenziali sono le opere della serie Reciclaje de mi, mentre nella serie Reflejos fanno la comparsa dipinti che prescindono dalla figura umana, dai colori più intensi e vivi.

Pubblicato su: In Arte, anno VIII – num. 5 – settembre/ottobre 2012, pagg. 12-13

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Francesco Mastrorizzi

Giornalista pubblicista, scrive di cultura e intrattenimento per testate su carta e online. Da freelance si occupa di uffici stampa e comunicazione per artisti, associazioni, istituzioni e imprese. Lavora come consulente nell’ideazione, progettazione e gestione di eventi in ambito culturale. È esperto di social media management e web copywriting.

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