Non è da molto tempo che il difensore Paolo Montero ha appeso le scarpe al chiodo. Ha lasciato la Juventus alla fine della stagione 2004-05, per andare a giocare un anno nella squadra argentina del San Lorenzo e tornare l’anno successivo nel suo Paese, l’Uruguay, chiudendo la carriera da professionista lì dove l’aveva iniziata, nella squadra del Peñarol, il 17 maggio 2007.
In Italia è da poco uscita una biografia a lui dedicata, dal titolo “Paolo Montero, l’ultimo guerriero”, scritta da Alvise Cagnazzo e Stefano Discreti, con un’intervista introduttiva a Luciano Moggi. Il libro racconta Montero dentro e fuori dal campo, attraverso numerosi aneddoti e le migliori interviste rilasciate alla stampa.
Nato nel 1971, fa il suo debutto con il Peñarol all’età di diciannove anni, ma nel 1992 è già in Italia, scoperto dall’Atalanta. Marcello Lippi, allora allenatore dei nerazzurri, lo fa esordire il 6 settembre a Bergamo contro il Parma: l’Atalanta vince per 2 a 1 e Montero è tra i migliori in campo. Con il suo inserimento la squadra diventa più solida e a fine stagione riesce ad ottenere un lusinghiero settimo posto in classifica.
All’Atalanta Montero disputa ottimi campionati e diventa il pilastro della difesa, ma i grandi club lo snobbano a causa del suo stile ruvido e della sua eccessiva fallosità, nonché per il suo carattere difficile. Nel 1996, però, Lippi, allenatore della Juve già da due anni, lo rivuole con sé e ne suggerisce l’acquisto alla dirigenza. C’è da mettere a punto il reparto arretrato e la presenza di un giocatore come Montero, tempestivo in fase di chiusura e anche tecnicamente dotato, è indispensabile per continuare a vincere.
Lo stesso Paolo racconta il suo immediato amore per la maglia bianconera: “Sono diventato juventino il primo giorno che sono arrivato a Torino, quando mi sono reso conto quanto la Juventus fosse odiata dal resto delle tifoserie d’Italia. Il loro odio io l’ho trasformato in amore per la Juventus. Contro tutto e tutti. Quella maglia era una corazza…”
Sin da subito diventa titolare irremovibile e con Ciro Ferrara forma una coppia di centrali tra le più forti della storia della Juve. A Torino vince una Coppa Intercontinentale (1996), una Supercoppa Europea (1996), tre Supercoppe Italiane (1997, 2002, 2003) e cinque scudetti (1997, 1998, 2002 e 2003 e 2005). Disputa, inoltre, tre finali della Champions League (contro il Borussia Dortmund nel 1997, il Real Madrid nel 1998 e il Milan nel 2003).
Pur detenendo il poco invidiabile record di cartellini rossi nella storia della Serie A (16 espulsioni per lui), Montero ha sempre dimostrato ai suoi compagni e ai suoi allenatori di essere un grande uomo, sensibile e con dei valori profondi, tra cui quello dell’amicizia. Prova ne hanno potuto avere sia tifosi che detrattori quando, nel giugno del 2006, partì dall’Uruguay appena saputo del gravissimo fatto che era accaduto a Gianluca Pessotto, recandosi immediatamente dall’amico che lottava tra la vita e la morte e restando accanto a lui per giorni e giorni.
Attualmente Montero svolge il ruolo di procuratore per alcune giovani promesse uruguaiane. Subito dopo il ritiro, infatti, ha aperto un’agenzia, la “Pro Futbol” insieme al suo amico Gustavo Mendez (ex-calciatore del Vicenza), attraverso cui va alla ricerca di nuovi talenti del calcio uruguaiano da proporre, poi, ai club europei. Il suo obiettivo è di dare la possibilità a quanti più ragazzi di compiere il suo stesso percorso: passare per una società di provincia seria e organizzata, che insegni loro a giocare e vivere – come è stata per lui l’Atalanta – per poi fare il grande salto in una squadra importante.
Pubblicato su: Zeb, n. 2.3 – winter 2011, pag. 24
0 commenti