Grassano è il più importante insediamento urbano ad opera dei Cavalieri di Malta presente in Basilicata, edificato su un basso colle posto tra le valli del fiume Basento e del torrente Bilioso. La fondazione da parte dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme della Commenda di Grassano mutò radicalmente la storia di questo luogo, salvandolo dallo spopolamento e dal declino.
Purtroppo la scarsezza delle fonti a disposizione non permette di formulare ipotesi certe circa il momento preciso in cui si insediarono i Gerosolimitani. Nel 1276 Grassano era ancora un piccolo casale appartenente ai signori di Tricarico, i Sanseverino, e per questo motivo non era menzionato tra gli insediamenti che pagavano le imposte nella generalis subventio angioina di quell’anno. Compare, invece, tra i centri che dovevano il censo nel 1320, data della successiva subventio, a testimonianza delle sue mutate condizioni. Altre notizie le apprendiamo da una lettera di Papa Urbano V, datata 4 giugno 1368, con la quale si chiedeva a Tommaso Sanseverino di restituire la precettoria di Grassano al priore di Barletta dell’Ordine di Malta, a cui l’aveva usurpata. L’elenco dei Commendatori di Grassano, inoltre, riporta come primo nome un certo fra’ Troilo Sansone di Troia, Commendatore nell’anno 1365.
Dai cabrei dell’Ordine di Malta risulta che la Commenda di Grassano fosse molto ricca, tanto che da essa dipendevano 18 grancie in Basilicata e una in Puglia. Inoltre il Commendatore possedeva il titolo di Barone di Grassano, potendo esercitare la giurisdizione civile sugli abitanti del paese e del suo territorio. La dimora del Commendatore, dalle fonti denominata “castello” o “palazzo commendale”, si arroccava sulla cima dell’abitato, con l’adiacente chiesa commendale dei SS. Giovanni e Marco, e si componeva di diversi fabbricati.
Dalla metà del Settecento la grave crisi organizzativa e finanziaria dell’Ordine di Malta portò alla vendita di diverse grancie e più tardi alla cessione in affitto di tutta la Commenda, che così fu gestita fino alla sua soppressione, che avvenne a seguito del decreto del 18 giugno 1807, con cui le Prelature, le Commende, i Legati, le Cappellanie e i Benefici ecclesiastici esistenti nel Regno delle due Sicilie furono aboliti e incamerati dal Pubblico Demanio.
Della presenza melitense a Grassano oggi rimangono alcuni resti del castello, con la sua torre d’angolo (purtroppo mozzata), parte del piano terra e le imponenti stalle e prigioni. Già nel 1825 si riferiva all’Ispettore del Pubblico Demanio di numerosi crolli avvenuti all’interno del castello, che nel 1832 fu venduto al clero di Grassano. Questo segnò la fine di quanto restava del maniero, che fu in parte abbattuto per edificare il campanile e la navata di sinistra dell’attuale chiesa madre.
Alle spalle dei ruderi dell’antico castello dei Cavalieri di Malta, lungo un sentiero sterrato e scosceso, si trovano i “cinti”, una serie di cantine scavate nella collina, un tempo al servizio del palazzo commendale, formate da una navata con volte a botte terminante in una sorta di abside chiamata “sacrestia”, dove veniva conservato il vino migliore. Molte di queste cantine sono dotate di profonde “neviere”, dove veniva raccolta e conservata la neve, e di ampi “palmenti” (vasche per la pigiatura e la fermentazione dell’uva), alcuni dei quali decorati con immagini allegoriche o con simboli dei Gerosolimitani.
Pubblicato su: In Arte, anno VIII – num. 1 – gennaio/febbraio 2012, pagg. 8-9
0 commenti