Siccome tu sei stella / languida e distante / misurerò l’abbraccio / che tutti ci contiene / e contiene l’universo”. (Diego Mancino, Tutte Le Distanze in L’evidenza, 2008)

Il cantautore milanese Diego Mancino è uno degli artisti più dotati e interessanti del panorama musicale italiano, un autore in grado di comporre musica di qualità grazie a canzoni dall’impianto melodico tradizionale, all’interno delle quali sono i testi, costruiti con un lessico che trascende i canoni del linguaggio quotidiano, l’elemento centrale e primario.

Nei suoi brani, infatti, la parola riveste un ruolo più importante rispetto alla musica, facendosi essa stessa strumento musicale ed esprimendosi artisticamente attraverso il linguaggio della poesia. In quanto poeta, sovente ispirato dal simbolismo di Rimbaud, Diego Mancino si propone di tracciare una rotta divergente dal percorso della canzone italiana, ricercando una nuova poetica, profonda e intima, che sia da stimolo agli uomini affinché si elevino ad un’etica più pura e ad un’umanità più vera, fondata sull’amore. Questo ambizioso intento si basa su scelte estetiche sperimentali, che si oppongono al modo di scrivere pieno di stereotipi che caratterizza la facile musica leggera italiana, nella salda convinzione che, nel momento dell’ascolto di una canzone, si debba compiere uno sforzo interpretativo per comprendere e apprezzare quello che essa esprime, anche assimilandola secondo il proprio punto di vista. Per Diego Mancino, infatti, la musica richiede per sua stessa natura una fatica mentale, al pari dell’arte in generale, ma anche dell’amore.

Le sue canzoni, colte ed eleganti, evitano di rifugiarsi in facili ritornelli e sono contrassegnate da acute intuizioni liriche, le quali trasfigurano il quotidiano e sono capaci di far risaltare le parole in tutta la loro essenza e la loro forza evocativa, con lo scopo fondamentale di emozionare. La sua poesia, però, è fatta anche di tecnica letteraria, che abbonda di figure retoriche, soprattutto metafore e ossimori, le quali si inseriscono perfettamente all’interno di un sapiente gioco narrativo. Ogni artificio, invece, decade dal punto di vista strumentale, in quanto la struttura musicale è quasi sempre molto semplice. Palese in questo caso è il richiamo alla canzone italiana d’autore, in particolare ai cantautori della scuola genovese. Non mancano, tuttavia, influenze provenienti dal rock degli anni ’60 e ’70.

Un altro punto di forza di Diego Mancino è la sua voce, intensa, potente e graffiante, dalla timbrica particolare, che accompagna l’ascoltatore alla comprensione del senso generale delle canzoni, il quale, essendo individuabile su più livelli di lettura, spinge piacevolmente al riascolto.

Riguardo ai contenuti delle canzoni, il tema dominante, l’elemento portante, pur senza essere troppo manifesto, è senza dubbio l’amore, pensato come nuova energia rivoluzionaria capace di sconvolgere il mondo. In particolare Diego Mancino canta dell’amor cortese, quello in cui la donna è il fulcro di ogni desiderio e di ogni intenzione. Non manca, tuttavia, di esprimere anche concetti esistenziali, con continui riferimenti al mondo, all’universo in generale e alle “cose” che lo compongono, il tutto visto da una prospettiva particolare, come di chi osserva il cielo da una posizione distesa, in contemplazione della bellezza della natura, in armonia con essa e in pace – anche se a volte relativa – con se stesso, in attesa di una rivoluzione imminente, uno sconvolgimento positivo messo in moto dall’amore.

Pubblicato su: In Arte, anno V – num. 3 – marzo 2009, pag. 28

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Francesco Mastrorizzi

Giornalista pubblicista, scrive di cultura e intrattenimento per testate su carta e online. Da freelance si occupa di uffici stampa e comunicazione per artisti, associazioni, istituzioni e imprese. Lavora come consulente nell’ideazione, progettazione e gestione di eventi in ambito culturale. È esperto di social media management e web copywriting.

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