L’accostamento tra l’arte e la religione non risulta mai banale e scontato, anzi riesce ogni volta a reiterare e rafforzare un connubio millenario, determinato dalla coincidenza dei fondamenti su cui entrambe si basano: la tendenza all’assoluto e la ricerca di risposte ad interrogativi universali. Il principale strumento espressivo dall’arte religiosa è il simbolismo, che assolve alla funzione di comunicare significati trascendenti. Nella religione cristiana uno dei simboli più potenti è senza dubbio costituito dalla croce, che, assente dall’iconografia della Chiesa dei primi secoli per il suo rimandare all’umiliazione del martirio subita da Cristo (e da chissà quanti schiavi ai quali fu inflitta tale atroce pena, fino alla sua soppressione da parte dell’imperatore Teodosio I nel IV secolo), diventa poi segno artistico, oltre che religioso, capace di assumere in sé valori umani continuamente in evoluzione.
Le più antiche rappresentazioni di Cristo crocifisso le troviamo su una scatola d’avorio di tarda epoca romana (420-430 ca.), conservata oggi al British Museum di Londra, e in un pannello dell’antica porta in legno della Basilica di Santa Sabina a Roma, anch’essa risalente al V secolo. Alla fine dell’Alto Medioevo il Crocifisso si afferma sempre più come icona per antonomasia della fede in Cristo, a partire dalla monumentale Croce di Gerone (scultura lignea, ante 976) di Colonia, con la quale il dolore entra ufficialmente da protagonista nell’arte occidentale. La lunghissima stagione dello splendore della croce prosegue con la forte drammaticità con cui Giovanni Pisano rappresenta la crocifissione su uno dei pannelli per il pulpito scolpito tra il 1297 e il 1301 per la Chiesa di Sant’Andrea di Pistoia. Non possono non essere citati, poi, i due crocifissi in legno policromo realizzati a Firenze nel primo Quattrocento da Donatello e Filippo Brunelleschi.
Facendo un salto in avanti di qualche secolo, il Novecento produce numerosi e straordinari crocifissi scultorei, non riconducibili ad un unicum stilistico, ma tutti testimonianza dell’interesse che il simbolo della croce riveste anche nella cultura contemporanea. Alcuni dei grandi scultori italiani che nel secolo scorso si sono cimentati con questo segno artistico dalla lunga storia (Pericle Fazzini, Giacomo Manzù, Francesco Messina, Luciano Minguzzi, Giuliano Vangi) sono presenti nella mostra CruciSplendor, a cura di don Vitantonio Telesca, che dopo Potenza (Galleria Civica, 9 aprile-12 maggio 2014) verrà riproposta la prossima estate a Marsico Nuovo (Chiesa di San Michele, 18-27 agosto 2014). Ad essi sono stati affiancati importanti autori del panorama contemporaneo, tra cui non mancano nomi di artisti impegnati da sempre sul territorio lucano (Salvatore Comminiello, Donato Linzalata, Felice Lovisco, Tarcisio Manta, Antonio Masini, Arcangelo Moles, Vito Saladino, Marco Santoro, Salvatore Sebaste), che, avvalendosi della rinnovata committenza della Chiesa, tengono viva la passione per il mistero della croce.
In tutto 28 artisti, per 30 sculture in esposizione, realizzate con materiali e approcci estetici diversi, tra cui non mancano opere sperimentali, come la Crocifissione-Resurrezione di Raimondo Galeano, che si affida alla particolare tecnica della “luce su legno”, grazie all’uso di pigmenti fluorescenti che permettono alla sua croce di illuminarsi al buio. Altra opera di una certa originalità è il Cristo deposto di Gianfranco Presta, realizzato con rete metallica e filo spinato. Tra le scene rappresentate troviamo non solo quella della crocifissione vera e propria (ad esempio nelle opere di Luciano Minguzzi, Giuliano Vangi, Bruno Gandola, Tarcisio Manta), ma anche i momenti precedenti della passione di Cristo (come nel trittico in terracotta di Gabriel Fekete), la deposizione del suo corpo o il tradizionale soggetto del compianto. Accanto alla Deposizione dalla croce di Manzù possiamo ammirare un Crocifisso in resina di Ambrogio Ciranna, ma anche le particolari sculture in terracotta e legno dell’artista peruviano Edilberto Mérida, con i personaggi dai tipici tratti spropozionati e grotteschi. In mostra anche il pastorale di papa Paolo VI, realizzato da Lello Scorzelli nel 1965, ed una croce trasformata in totem secondo il tipico stile di Donato Linzalata. L’emblema della mostra, però, è a nostro parere il Crocifisso in bronzo di Pericle Fazzini, che, pur nell’assenza della croce, riesce a richiamarne tutti i significati, attraverso la composta plasticità del corpo in contrasto con la sofferenza delle mani, esprimendo ad un tempo dignità e patimento.
Pubblicato su: In Arte, anno X – num. 69, pagg. 24-25
0 commenti